Elba Book, per una cultura che si prenda cura del territorio

Raffaella Scardi vince la VI edizione

del Premio "Lorenzo Claris Appiani"

 

«Se la cultura non si prende cura del territorio da cui proviene, che cultura è?» Questa è stata la domanda provocatoria di Marino Sinibaldi, presidente del Centro per il Libro e la Lettura del Mibact, che ha accompagnato il primo giorno dell’Elba Book Festival. D’altronde, nonostante il cosiddetto “affanno della carta” durante la pandemia, nel periodo più buio della serrata l’attività della lettura ha resistito all’isolamento e i libri hanno dato forza alla vita, dimostrandosi da un lato una forma necessaria di evasione e, dall’altro, mettendo i lettori in contatto con la loro profondità.

Se la fiducia che la platea della serata ha riconosciuto per il settimo anno consecutivo al festival elbano era palpabile, data l’affluenza inaspettata, i ragazzi dell’alternanza scuola-lavoro dei licei classico e scientifico “R. Foresi” di Portoferraio hanno portato ulteriore entusiasmo a un’edizione all’insegna della fatica. Fatica fisica per riprendersi dalla crisi pandemica, ma anche mentale per ritrovare il prossimo in sicurezza, per riabbracciarsi all’aperto.

All’imbrunire, in piazza Matteotti a Rio nell’Elba, Raffaella Scardi ha ricevuto il Premio “Lorenzo Claris Appiani” per la traduzione dall’ebraico del romanzo Bugiarda di Ayelet Gundar-Goshen, edito da Giuntina. La vincitrice, già nota per le traduzioni di Eshkol Nevo, ha presentato il suo lavoro tra le docenti Anna Linda Callow, Maria Gioia Vienna e Ilide Carmignani, celebre traduttrice nonché madrina del concorso letterario, ideato in sinergia con l’Università per Stranieri di Siena.

«Trattando di fatica, è stato faticoso valutare prodotti di così alto livello: siamo grati in qualità di giurati nei confronti delle case editrici indipendenti che hanno partecipato al concorso – esordisce Vienna di Unistrasi – In Italia fino agli anni ’80 era assai diffusa la pratica di pubblicare traduzioni di seconda mano da un più facile percorso che prevedeva sempre una prima versione in inglese. E il fatto che piccoli e medi editori indipendenti affrontino la scelta di traduttori competenti per ottenere una resa in italiano con criteri professionali alti è un’abitudine a cui non si può più rinunciare».

La letteratura ebraica moderna, com’è concepita laicamente in Occidente, nasce nella seconda metà dell’Ottocento e fa un percorso concentrato in poco più di un secolo rispetto alla genesi delle altre letterature; un percorso segnato dalla fondazione tormentata dello Stato di Israele, compresi i problemi identitari che questo ha comportato: uno dei processi attraverso i quali la lingua ebraica è diventata la lingua letteraria ebraica è stato la traduzione dei grandi classici europei.

«È raro che qualcuno si interessi al mondo dei traduttori, che venga a cercarci – conclude Scardi – perciò sono molto grata alla famiglia Appiani di aver ideato un riconoscimento con un intenso valore simbolico. E umano, oltre che letterario. Spesso siamo considerati l’altra faccia dei romanzi in lingua straniera, la faccia in ombra. Gundar-Goshen, con la quale ho potuto lavorare fianco a fianco, è un’autrice acuta. È una psicologa e come tale procede con acume: l’ho verificato io stessa tra le pagine di Bugiarda, in cui la scrittrice ebrea sonda l’animo di un’adolescente».